giovedì, giugno 26, 2008

Gomorra

L'altra sera sono andato a vedere GOMORRA.
Avendo letto il libro, ero curioso di vedere come si sarebbe svolta la vicenda all'interno del film, visto che, già non è facile di per sé fare una trasposizione cinematografica di un libro, ancor più se il testo in questione non è un romanzo, ma una sorta di "reportage", dove fatti e vicende si intersecano, si prendono, si lasciano, senza la parvenza di una linea di continuità...
Anche se quella linea nel libro, come nel film, c'è... Ed è proprio quello che fa riflettere. Nascosta nelle mille vicende che sembrano così slegate tra loro, emerge in tutta la sua forza, qul senso quasi di sconfitta, davanti ad un sistema criminale così radicato, così complesso, mi verrebbe da dire così "assimilato", che risulta difficile ormai, per chi ci vive dentro, poter distinguere cosa è bene o cosa è male...
Ragazzini che come unica aspirazione hanno quella di lavorare per i clan... Ragazzini, che con le scene di SCARFACE negli occhi e nella testa, pensano di poter tagliarsi un loro spazio nel "sistema", mettendosi contro tutto e tutti...
Un film bello. Molto bello. Un film tosto. Che decide di prendere solo quattro vicende, forse le più significative, quelle che nella durata della vicenda, riescono comunque a mostrare tutto (o quasi tutto) quello che c'è dietro una realtà così complessa, come quella delle periferie di Napoli.
Quelle periferie che ci vengono mostrate in tutta la loro veridicità...
Ed è proprio quello che lascia un po' così, quando si esce dal cinema... Perché quello che si è appena visto, non è un romanzo. Non è una storia inventata ad uso e consumo degli spettatori. Quel sarto che viaggia per Napoli chiuso in un bagagliaio, per andare ad insegnare nei laboratori clandestini cinesi, come cucire un capo d'alta moda, che le attrici hollywoodiane indosseranno ad una prima, non è un personaggio invnetato. I due ragazzini che si credono Tony Montana e che finiscono freddati, non sono personaggi. Sono PERSONE. E una volta che ci si rende conto di questo, allora sì, che si comincia a pensare.